La depressione post-partum è ancora un argomento tabù. Ma riconoscerne tempestivamente i sintomi e chiedere aiuto è davvero importante
Sei appena diventata mamma e ti senti sbagliata. Già, perché, se da un lato sei al settimo cielo per questa nuova avventura e sei innamorata pazza del frugoletto che stringi tra le braccia, dall’altra provi una sensazione strana, un sentimento diverso che quasi non riesci a spiegarti. E per questo ti senti in difetto, perché se ti guardi attorno il segnale che ti arriva è che sei in torto: sei diventata mamma, quindi dovresti provare solo gioia. E se non fosse così? Se non fossi sbagliata e se quello che stai vivendo non solo fosse normale, ma lo condividessero molte neomamme? Ne abbiamo parlato con la psicologa e psicoterapeuta Elisa Caponetti.
NON SEI LA SOLA
“La nascita di un figlio, per la donna, può rappresentare un evento ricco di emozioni forti e contrastanti tra loro, che vanno dalla gioia più intensa e assoluta al manifestarsi di tristezza, rabbia e ansia, fino ad arrivare a sviluppare una vera e propria depressione post partum – ha spiegato l’esperta – Si tratta di uno stato di profondo malessere che riguarda circa il 13 percento delle neomamme e che può manifestarsi con diversi livelli di gravità entro 12 mesi dal parto”. Va differenziata dal cosiddetto ‘baby blue’, che emerge invece nei primi giorni successivi alla nascita del bambino e colpisce una percentuale anche molto elevata delle donne. “In quest’ultimo caso – ha precisato – la sintomatologia, che va dal pianto agli sbalzi d’umore, dall’irritabilità a un umore depresso di lieve intensità, è più leggera e rientra più velocemente.”
I SEGNALI D’ALLARME
La depressione post partum è più diffusa di quanto si pensi, ma spesso non se ne parla, sia perché ci si sente, appunto, sbagliate, sia perché spesso non si comprendono i sintomi di questo disturbo. Ma quali sono i segnali che devono farti drizzare le antenne?
“I segnali sono diversi ma facilmente riconoscibili – ha detto Caponetti – Umore depresso, diminuzione dell’interesse e del piacere di fare le attività che si facevano in precedenza, ansia, irascibilità e agitazione psicomotoria, facilità al pianto e agitazione immotivata verso il neonato o verso il proprio compagno/marito, sono alcuni dei sintomi. Ma anche: alterazione del ritmo sonno/veglia con difficoltà ad addormentarsi, una facilità a stancarsi, astenia, alterazione nell’alimentazione, messa in dubbio delle proprie capacità di accudimento.
Altri campanelli di allarme possono essere: la perdita di interesse e di trasporto verso il sesso e verso il proprio partner, la mancanza di entusiasmo per la vita, sentimenti di vergogna e di inadeguatezza, difficoltà a stabilire un legame con il proprio bambino, chiusura emozionale e isolamento dalla famiglia e dagli amici, disagio nel gestire i rapporti interpersonali fino ad arrivare a pensieri intrusivi e forti legati al desiderio di farsi male o farne al bambino.
I segnali di allarme – ha chiarito la psicologa – possono essere davvero tanti, arrivando al manifestarsi di un profondo senso di colpa e soprattutto di inadeguatezza al ruolo materno, con una eccessiva ansia nei confronti della salute del bambino”. Tutto ciò, inevitabilmente, va a determinare una compromissione importante del normale funzionamento di vita della donna: coniugale, lavorativo, sociale, relazionale.
Ha chiaramente delle conseguenze dirette sulla relazione con il proprio partner, ma soprattutto bisogna fare attenzione alla relazione madre-figlio. “Se la mamma non dimostra subito un’attenzione ai bisogni primari del bambino, questo tenderà a dimostrare un attaccamento meno sicuro. Meno la mamma risponderà ai bisogni del bambino, tanto più il comportamento di quest’ultimo diventerà irritabile”. E allora che si fa? Si interviene tempestivamente, ovviamente! “Se non opportunatamente trattata, la depressione post partum può sfociare in una condizione ancora più allarmante”, ha infatti avvertito la nostra esperta. Che ha
sottolineato come “nonostante la presenza di tanti possibili sintomi, spesso si tende a sottovalutare tutto ciò, determinando un possibile rischio di compromissione ulteriore del proprio stato di salute. È necessario intervenire quanto più tempestivamente possibile per potere non soltanto contenere il proprio malessere, ma anche per riuscire a viversi serenamente e con gioia la propria maternità”, ha affermato Caponetti.
PER CRESCERE UN BAMBINO CI VUOLE UN INTERO VILLAGGIO
Le aspettative altrui e il concetto idealistico della supermamma multitasking e supereroina che riesce a fare tutto e bene, ci ha messo del suo: ha creato in tutte le neomamme la convinzione che chiedere aiuto sia sbagliato, che non ci si possa sentire esauste e che, se scegli di diventare mamma, te ne devi fare carico senza mai lamentarti. Ebbene, ti sveliamo un segreto: non è affatto così! “Non bisogna sopravvalutarsi pensando che si possa affrontare tutto da sola – ha esortato Caponetti – Alla comparsa dei primi sintomi bisogna chiedere aiuto e rivolgersi a un professionista.
È altresì necessario richiedere il supporto di partner e familiari. Occorre quindi identificare precocemente i sintomi per fornire alla donna una risposta che comprenda una presa in carico individualizzata e flessibile, così da potere quanto prima riparare ai possibili danni che possono emergere più a lungo termine sul bambino e sul suo sviluppo emotivo, cognitivo e sociale, favorendo un legame di attaccamento sano e funzionale”. Caponetti ha poi lanciato un appello al famoso “villaggio” che, secondo un antico proverbio africano, è necessario per crescere un bambino: “Non lasciamo le mamme da sole in balia del loro stato di stanchezza e delle loro emozioni contrastanti. Ricordiamoci che la donna deve riuscire a integrare i diversi ruoli di madre, moglie e donna e tutto ciò implica a volte non poche difficoltà”.
Diventare genitori, infatti, è un gioco di squadra e, in questo senso, coinvolge molti attori che ogni giorno devono cooperare. “È quindi consigliabile che, nell’accudimento del neonato, si coinvolga sin da subito il papà per il cambio di pannolino, il bagnetto, eccetera. È altresì importante farsi aiutare nella gestione quotidiana della casa e delle faccende domestiche”. E le nonne e le zie, in fondo, sono lì anche per questo, no? Caponetti ha poi concluso: “È bene che la neomamma approfitti dei momenti in cui il bambino dorme per riposare anche lei, così da recuperare forze ed energie. Ricorda che per potersi prendere cura di un figlio, occorre innanzitutto concedersi tempo per prendersi cura di se stesse”.
Tratto da Eva Salute di Gennaio 2024