Non è solo patriarcato: l’individualismo social non tollera i fallimenti
Elisa Caponetti, psicoterapeuta, psicologa giuridica e criminologa. Un’altra donna massacrata: che cosa sta accadendo?
Negli anni ho assistito ad una profonda trasformazione sociale, culturale e familiare. Viviamo una forte crisi ed un forte stato di grave malessere. In un lasso temporale abbastanza ristretto, abbiamo assistito impotenti ad una fortissima accelerazione che ci ha condotto al cataclisma che attualmente stiamo vivendo. Vedo sempre più giovani, ma anche adulti, vivere momenti di rabbia, irritabilità e violenza dovuti alle frustrazioni ed alle fragilità personali. Questi gesti così violenti nascono spesso dall’incapacità di gestire la frustrazione ma anche dall’incapacità di cogliere le conseguenze che i propri comportamenti hanno su se stessi o sugli altri.
Come si può fermare tutto questo?
Purtroppo una ricetta unica non c’è. Bisogna conoscere caso per caso e intervenire. Non conosco il profilo psicologico di Filippo Turetta, parlo quindi in generale.
Non è una questione di patriarcato?
Il problema è molto più complesso: non può essere solo una questione di patriarcato. Le cause sono molteplici e riguardano diversi aspetti della vita sociale: si va dalla volontà di apparire perfetti fino alla mancanza di una vera educazione affettiva ma non solo. Io affronterei anche il problema della assoluta mancanza di responsabilizzazione dei giovani e spesso anche degli adulti.
Non considerano le conseguenze dei loro gesti?
No, non hanno limiti e pensano che per far valere il proprio io possono arrivare dove vogliono. E’ come se non si mettessero mai davanti alle loro responsabilità. Abbiamo assistito a violenze di ogni genere, dagli stupri di gruppo all’uccisione di animali, tutti ripresi nei video e inviati agli amici: qui subentra anche il ruolo delle famiglie, spesso assenti, dei social e dei media.
Cosa significa che non sanno reggere la frustrazione?
Un ragazzo abituato ad avere tutto, ad essere sempre giustificato in ogni sua azione, non accetta il fallimento: tollerare il fallimento non è più possibile. Ormai i ragazzi hanno un modello collettivo e di condotta in cui prevale l’individualismo. Pensiamo ad esempio ai social: volersi mostrare infallibile, invincibile significa puntare ad una iper realizzazione di sé: quando la perfezione viene meno, scatta la rabbia. Si tratta di personalità fragili, incapaci di avere slanci emozionali ed affettivi. Non provano empatia verso le persone che hanno intorno. Neanche verso chi dicono di amare.
Come si può intervenire?
Serve un lavoro di gruppo: dalla legge in tutela delle vittime all’educazione affettiva nelle scuole, dalla presenza delle forze dell’ordine all’assistenza psicologica sul territorio. La prevenzione è fondamentale, a tutti i livelli, anche per aiutare le famiglie in difficoltà. E allo stesso modo serve la presenza di chi può difendere la vittima e fermare l’aggressore prima che agisca. Vanno considerati i fattori di rischio e i fattori di protezione, per attenzionare una persona in pericolo. E’ un lavoro complesso ma si deve fare.
tratto da Il Messaggero del 21 novembre 2023